Il 22 Febbraio 2015, io e il team di Sebalter Online abbiamo passato una serata speciale. Sebastiano era reduce da una giornata molto impegnativa ma, nonostante questo, gentilissimo e disponibilissimo come sempre, ci ha concesso parte del suo tempo per una chiacchierata e qualche domanda! Per questo motivo ringraziamo lui ancora una volta e… eccovi la nostra prima e ufficiale intervista a Sebalter! BUONA LETTURA!
Nella band tu sei l’artista principale: dai indicazioni agli altri su come devono suonare i loro strumenti?
Sì, è più o meno così, perché il progetto è mio, ho scritto tutti i testi e so quello che mi aspetto dalla registrazione delle canzoni, quindi do loro indicazioni, alla fine però nessuno conosce meglio dei musicisti come suonare i vari strumenti.Perciò, se qualcuno ha qualche idea, mi dice “sai Seba, possiamo fare questa cosa in questo modo…” quindi sono sempre aperto a suggerimenti/consigli, ma prima di tutto do le indicazioni.
Qual è l’esperienza più “pazza” che hai avuto con i fans? Per esempio fan isterici che urlano. Quello succede, ma è ok, non è niente di estremo (ride)
Qual era il tuo migliore amico d’infanzia e i tuoi ricordi di quando eri bambino?
Il mio migliore amico d’infanzia era Jacob, viveva e vive ancora vicino, ma non ci vediamo più così spesso perché siamo entrambi molto impegnati. Siamo cresciuti e andati anche all’asilo e a scuola elementare insieme, quindi eravamo come fratelli e anche i bulli della scuola elementare (in senso buono). Per quanto riguarda i miei ricordi di infanzia, ho davvero tanti bei ricordi. Probabilmente le gite e i pic-nic in montagna con la mia famiglia e i miei amici, giocare a calcio con loro. Questi sono davvero dei bei ricordi perché amo tanto la natura e le montagne, che ho iniziato ad apprezzare quando ero un bambino.
Se ti dovessi descrivere con una frase di una canzone – anche non tua – quale sarebbe e perché?
(pensa) mah, la realtà è che non posso rispondere perché un titolo o una frase non può descrivere la personalità di una persona, è impossibile! Io non ci voglio neanche provare perché a seconda dei vari stati d’animo hai delle canzoni affini e secondo me sarebbe un po’ riduttivo, devo essere sincero, non posso rispondere.
Non saprei quale cercare perché se ne penso una, poi mi viene in mente un’altra canzone per descrivere un’altra situazione e quindi è molto difficile.
Hai pensato subito al titolo “Day of Glory” oppure c’è n’è stato prima un altro che poi hai cambiato?
C’è stato un altro titolo all’inizio che poi ha perso importanza ed è diventato “Day of Glory”, che era già il titolo di una canzone (e ha avuto anche più senso per me). Prima però avevo in mente un altro titolo
– se posso chiedere, qual era?
– Sì, “Raspberries and thorns” (“Lamponi e spine”), perché stavo pensando ai lamponi, che sono dei frutti davvero fantastici, ma per prenderli vieni sempre ferito dalle spine che li circondano.
È un modo interessante per vedere come ho vissuto diverse esperienze e l’anno appena passato per me, che è stato, musicalmente parlando, un anno molto molto intenso, un anno di successo, ma per arrivare a questo ho dovuto “ferirmi” molto spesso.
Alla fine “Day of Glory” suonava meglio; probabilmente “Raspberries and thorns” era un titolo più rivolto al passato, “Day of Glory” è più orientato verso il futuro, che per me è una cosa positiva, perché la vita va avanti
– come una tua canzone dice “open to the new, open to the unknown” (“aperta al nuovo, aperta all’ignoto”) [“Not Every Picture Means Goodbye”, ndr]
– Sì, esatto, che può essere letto sia positivamente sia negativamente, ma tu devi sempre aprire le tue braccia al futuro e provare a rendere ogni giorno, un giorno di gloria. Questo è il significato del titolo per me.
Se dovessi tornare indietro nel tempo e potessi darti un consiglio, quale daresti al te stesso di 10 anni fa?
Fammi pensare dove ero 10 anni fa. Allora, dieci anni fa avevo appena cominciato l’università e devo dire di aver passato dieci anni belli intensi e, fondamentalmente, se dovessi tornare indietro, le grosse scelte importanti che ho fatto le rifarei, sono molto soddisfatto anche se non tutte sono state facilissime.
Forse c’è una scelta che magari avrei potuto prendere prima: probabilmente avrei lasciato prima la mia vecchia band perché effettivamente anche tutte queste canzoni, questa voglia di far qualcosa di mio e di personale c’era già, e forse avrei potuto svilupparla ancora prima. È chiaro che col senno di poi è facile trarre queste conclusioni però è anche vero che dieci anni fa ero a Zurigo, molto impegnato su altri fronti, però probabilmente dal punto di vista musicale, forse è una scelta che avrei potuto prendere prima.
Collegata a questa risposta c’era un’altra domanda, ovvero: com’è cambiato il rapporto con la musica da prima che eri in un gruppo ad adesso?
Devo dire che anche prima che ero in una band, tanti dei brani che trovate nell’album esistevano già, quindi c’era anche allora un rapporto abbastanza personale con tutte queste canzoni.
Diciamo che comunque è cambiato che dal punto di vista manageriale devo gestirmi molto di più, perché è il mio progetto e in sé lo gestisco io, mentre prima ci si divideva i compiti, era un progetto condiviso. C’è comunque un rapporto molto molto più vicino perché essendo solo nella composizione, nello scrivere i testi, c’è anche molta più responsabilità e la porto tutta io. Questo ti permette di avere molta più cura e, secondo me, di essere meno superficiale perché lasci correre molto meno, quindi hai anche una bellissima occasione per crescere; questo sicuramente è un elemento positivo che apprezzo un sacco.
C’è più stress, ma c’è anche più appagamento e più crescita.
Stai pianificando qualche tour all’estero quest’anno?
Per quanto riguarda la Gran Bretagna, ero in contatto con la booking agency che mi aveva proposto di fare alcune performance nel Regno Unito, ma era lo scorso Novembre e in quei giorni ero troppo occupato con la registrazione del cd. Ora devo vedere, perché sono abbastanza indaffarato con tante cose allo stesso tempo. Mi piace essere impegnato e fare nuove esperienze, ma ammetto che adesso è troppo. Ho da poco anche iniziato a insegnare Diritto a scuola (scuola professionale) part-time. Quindi nei prossimi mesi non pianificherò concerti all’estero e dovrò anche prendermi del tempo per capire dove farli. In questo momento è una domanda a cui non può essere data una risposta. Hai considerato i festival di musica folk?Sì, sì, ci ho pensato e stavo considerando magari di farlo, magari non con la band al completo, ma in un duo/trio acustico con Jonas e/o Rocco, che mi permette di essere molto più flessibile.
Come hai conosciuto gli altri ragazzi della band? Li conoscevi già prima?
Rocco è con me da quando ho iniziato il progetto solista, nel 2012, e con lui avevo già suonato un concerto nello stesso anno: c’era già dall’inizio. Jonas era formalmente il mio tecnico del suono quando ho iniziato a registrare questo album, qualche anno fa (2011/2012) e successivamente quando ho ri-registrato il tutto; poi, da giugno 2014 è anche diventato il mio tastierista. Daniel, suo fratello, l’ho conosciuto 2/3 anni fa perché Jonas aveva uno studio di registrazione a casa sua e loro due vivevano insieme. Christoph, il bassista, è molto amico di Daniel e Jonas, quindi l’ho conosciuto tramite i due fratelli; Marco aveva prima di tutto conosciuto Daniel e aveva iniziato a suonare con lui e anche con Christoph. Nel settembre 2013 stavo per registrare “Hunter of Stars” e stavo cercando un batterista, perché quello con cui suonavo era impegnato; quindi Jonas mi ha presentato Marco: questa è la storia di come tutto ha avuto inizio.
Conosciamo la storia di “Hunter of Stars”, scritta on the road, ma per quanto riguarda le altre canzoni, hai un posto speciale che ti dà l’ispirazione oppure le scrivi spontaneamente?
Non ho un posto particolare dove vado e trovo l’ispirazione. A volte succede, ma altre volte è come un flash, un momento: l’ispirazione arriva e in 5/10 minuti scrivo la canzone. A volte ci vuole più tempo, ma devo ammettere che molti dei miei brani li ho scritti nella Biblioteca di Legge a Zurigo mentre studiavo per i miei esami (ride). Forse perché lì ero rilassato ed era un buon momento per trovare l’ispirazione.
Qual è stata la canzone più difficile da scrivere?
La più difficile è stata sicuramente “Nostalgia”. Ho avuto tante difficoltà perché la melodia è probabilmente la prima che ho scritto in vita mia, quando avevo 15/16 anni, ma per qualche motivo non ho mai provveduto a trasformarla in una vera canzone, con un testo. L’ho realizzato solo un anno fa, nel 2014, perché ho provato tante soluzioni e alla fine era una sorta di patchwork. Non mi piaceva molto. Improvvisamente ho deciso di non seguire la tipologia tradizionale di una canzone con il ritornello, ecc. Ho continuato a suonare il violino e mi sono detto “Ok, questa è Nostalgia, mi piace. È diversa, ma mi piace.”
Sappiamo che hai suonato il basso quando eri più giovane, pensi di suonarlo ancora in futuro?
Non credo (ride). – eravamo curiosi di sentire quale stile suonavi – Non conoscevo i vari stili, semplicemente suonavo, non mi piaceva il plettro e quindi suonavo con le dita, ma è la sola cosa che conosco del suonare il basso. - sei meglio come violinista? – oh sì, molto meglio. Meglio sia come violinista, sia come chitarrista.
Come ti sei avvicinato alla musica irlandese?
L’ho scoperta su un cd metal (le intervistatrici manifestano il loro stupore). Io ascoltavo tanto metal quando ero un ragazzo e su un cd metal c’era un pezzo irlandese: da lì è nato tutto. - due stili parecchio differenti! – Sì, sì, però ci sono diversi gruppi che li hanno un po’ fusi assieme.
Sei mandato su un’isola deserta e puoi portare solo una di queste cose: una foto della tua ragazza, cibo, acqua, una guida di sopravvivenza, corda, coltello o il tuo violino. Quale porteresti?
Ovviamente la foto della mia ragazza! Hai vinto la sfida!Haha